Racconto dei monumenti – Restauro dei monumenti

Questa è la settimana della cultura (14-22 aprile 2012)! Numerosi luoghi d’arte di rilevanza culturale sono aperti e pronti a raccontarci la loro stroria. Tanti i fatti di cui potrebbero narrarci. Situazioni visssute, viste, sentite in prima persona. Questi monumenti sono testimoni di un passato che noi oggi possiamo conoscere grazie a loro. Questa seconda intervista propone alcune riflessioni sul mondo del Restauro, quel mondo che ci consente di potere apprezzare ancora oggi ciò che ci è stato tramandato da lontano, e il punto di vista di un ospite che lavora in questo mondo e che ci invita a “guardare” con occhio attento. Alessandra Alvisi è una giovane architetto laureatasi presso la Facoltà di Architettura di Ferrara, specializzata alla Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti – ora Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio -, Sapienza Università di Roma, attualmente dottoranda presso il Dottorato di Ricerca in Riqualificazione e recupero insediativo, Sapienza Università di Roma.

Qual è oggi l’importanza della parola “Restauro”?

Restauro. A livello semantico, purtroppo oggi si riscontra, nella prassi e nel gergo comune, una confusione generalizzata, che vede l’utilizzo indistinto dei termini restauro, recupero, ristrutturazione. Il restauro, come viene inteso oggi dal pensiero condiviso dalla comunità scientifica – facendo riferimento in particolar modo alla Scuola romana diretta dal prof. Giovanni Carbonara, che raccoglie l’eredità di Cesare Brandi – è una volontà, un atto, un’azione, rivolta alla conservazione del patrimonio architettonico, alla rivelazone dei valori storico-artistici e documentari di cui è portatore e alla loro trasmissione al futuro. L’attenzione per la conservazione e – laddove necessario – per il restauro dei nostri Beni Culturali è compito doveroso tanto nei confronti del passato (che li ha prodotti), quanto del futuro (in modo che le generazioni che verranno possano goderne come ne godiamo noi oggi). Abbandono e incuria sono fra le principali cause del degrado e, a volte, purtroppo, anche della perdita tanto di architetture monumentali, quanto del tessuto edilizio storico che le connette. L’auspicabile manutenzione e il monitoraggio costanti nel tempo sono i migliori, più semplici ed economici strumenti preventivi in grado di garantire la conservazione del patrimonio culturale ed evitare di arrivare a situazioni tali da necessitare importanti ed esosi interventi di restauro vero e proprio, di certo di maggior impatto per l’edificio. Il manufatto architettonico, infatti, non differisce molto dal corpo umano per il quale, prima di intervenire con la chirurgia (nel caso dell’edificio, il restauro), si cerca di risolvere il problema attraverso la farmacologia, l’impostazione di corrette e sane abitudini e l’esecuzione di periodiche analisi di controllo (che per il costruito equivalgono alla salvaguardia, alla costante manutenzione e al monitoraggio nel tempo), operazioni queste di carattere preventivo, secondo una visione che dovremmo fare nostra anche nei confronti dei Beni Culturali.

Prima dell’ingresso nel mondo del lavoro o anche in contemporanea ci sono anni di grande preparazione accademica necessaria per riconoscere e gestire le situazioni di alto valore culturale che si trovano sul nostro territorio nazionale e non solo. Come avviene questo incontro fra sapere altamente specializzato e mondo del lavoro? Quando hai capito che tutto lo studio fatto è stato utile alla risoluzione di problemi concreti in ambito professionale?

Probabilmente me ne sono resa conto nel momento in cui ho iniziato a confrontarmi con la realtà concreta di edifici bisognosi di restauro. La strada che ho intrapreso, infatti, apparentemente può sembrare lunga e inutilmente improntata a studi teorici mentre, invece, già a partire dagli ultimi anni del corso di laurea (e, successivamente, in maniera approfondita, presso la Scuola di specializzazione), grazie all’iniziativa di docenti lungimiranti, ho avuto modo di frequentare il cantiere e di confrontarmi con le reali problematiche della conservazione. L’operazione più difficoltosa, in effetti, è riuscire a trasporre l’impostazione teorica del problema sulla realtà concreta dell’edificio che presenta problematiche spesso molto più articolate rispetto alle sole questioni conservative, dove subentrano aspetti economici, gestionali, spesso anche politici, oltre che, naturalmente tecnici. Per poter affrontare la complessa realtà del nostro costruito storico e riuscire a gestire le numerose istanze che ruotano attorno ad esso, occorre sviluppare un approccio storico-critco che sappia guidare le scelte tecniche, un’impostazione metodologica, in cui le modalità operative siano frutto di una riflessione consapevole sul monumento. All’architetto spetta, infatti, il ruolo di regista del progetto e del cantiere, e quindi la capacità di operare una sintesi degli svariati problemi analitici che ci si trova ad affrontare.

La carriera lavorativa che hai già intrapreso ti ha consentito di seguire alcuni cantieri di restauro dei monumenti. Quali sono i problemi che si possono incontrare in corso d’opera? Problemi di comunicazione? Problemi che riguardano la mancanza di adeguate competenze tue o degli operai che devi dirigere?

Facendo riferimento ancora alla mia esperienza personale, certamente lo stage che ho portato avanti in Soprintendenza si è rivelato estremamente utile per inquadrare le problematiche operative; ho avuto occasione, infatti, di visitare numerosi cantieri in itinere e di rendermi conto dello scollamento che sussiste fra quanto viene insegnato a livello accadenico agli specialisti, e quanto invece emerge dalla prassi operativa in cui tanti progetti di restauro mancano di reale conoscenza dell’edificio e di una sincera volontà conservativa. Da un lato quindi, spesso si riscontrano carenze nel progettista stesso, che investe troppo poco tempo ed energie nella fase diagnostico-conoscitiva la quale ha l’importante scopo di fornire informazioni il più possibile complete sull’edificio, sulla sua storia, sugli interventi che ha subito in passato, sui materiali ed i sistemi costruttivi con cui è stato realizzato, così da porre le basi necessarie per poter formulare un progetto di restauro consapevole e rispettoso del manufatto e del contesto in cui si inscerisce. D’altra parte – e qui parlo in relazione anche ad un cantiere di cui ho avuto la DL – si riscontra una grande difficoltà nel reperimento di maestranze che ancora conoscano i sistemi costruttivi tradizionali, per cui risulta tutt’altro che semplice l’esecuzione di alcune lavorazioni oggi dimenticate in ragione di prodotti di più semplice e rapido utilizzo che tendono ad accellerare i tempi e a semplificare le opere dell’impresa, non sempre però a beneficio del manufatto architettonico. Fra gli attori che ruotano attorno ad un intervento di restauro, un ruolo determinante è giocato anche dalla committenza, purtroppo non sempre spinta da intenti realmente conservativi, avanzando quindi richieste con fini speculativi che rischiano di snaturare l’architettura storica stessa: è quindi compito dell’architetto restauratore guidare la committenza rendendola consapevole del valore intrinseco del monumento e delle sue peculiarità, da valorizzare, in modo che possa esserci sì un ritorno economico, ma non a scapito della conservazione. Tutto ciò senza voler “fare di tutta l’erba un fascio”: il mio atteggiamento vuole essere tutt’altro che polemico e spingere piuttosto ad una riflessione; fortunatamente, si riscontrano anche situazioni virtuose, ma purtroppo costituiscono una realtà marginale in quella che è la prassi operativa oggi.

Quale è la parte più emozionante del tuo lavoro?

L’intero iter che dalle prime indagini e riflessioni porta alla redazione delle scelte progettuali e quindi alla realizzazione dell’intervento di restauro è, a mio avviso, estrememante affascinante. Probabilmente la parte più emozionante e stimolante è il confronto con l’edificio stesso, con il monumento, con il costruito che, se osservato con occhio attento e in grado di guardare, ci può fornire molti più dati e informazioni di quanto potremmo inizialmente immaginare. Il progetto di restauro stesso deve partire proprio dal monumento, imparando a dialogare con esso e a valorizzarne le peculiarità.

Cosa ti piacerebbe fare nel futuro?

Sono circa a metà del mio dottorato di ricerca e sto portando avanti esperienze molto interessanti e appaganti legate al mondo accademico, anche se purtroppo, ad oggi, non ci sono garanzie di ritagliarsi un proprio spazio all’interno della realtà universitaria (o di altri enti di ricerca italiani), in particolar modo in questo momento critico. Contemporaneamente mi sto affacciando alla professione e ritengo che il portato acquisito proseguendo la mia formazione anche dopo la laurea mi abbia conferito delle competenze specifiche che spero di riuscire a spendere in questo ambito per me così stimolante. Il percorso che mi ha condotto dove sono ora mi ha molto appassionato e, pertanto, mi permetto di consigliare vivamente l’esperienza della Scuola di Specializzazione a quanti vogliano crearsi una propria realtà professionale nell’ambito dei Beni Culturali, in cui operare all’insegna della qualità, in questo ambito in Italia così importante ma così poco valorizzato.

Alessandra Alvisi, architetto. Nasce a Bologna nel 1981. Si laurea in Architettura a Ferrara nel 2006 con tesi dal titolo “Il complesso monumentale di Colle Ameno: dal restauro della villa padronale al progetto di un nuovo polo culturale nella provincia di Bologna”. Si specializza in Restauro dei Monumenti presso la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio (Sapienza, Università di Roma) nel 2009 con la tesi: “Il Castello di Cusercoli: progetto di restauro, rifunzionalizzazione e valorizzazione di un complesso monumentale dell’Alta Romagna”. Abilitata alla professione di architetto è attualmente dottoranda presso il Dottorato di Ricerca in Riqualificazione e recupero insediativo (Sapienza) nell’ambito del quale svolge una ricerca sull’innovazione tecnologica e il suo trasferimento nel campo del restauro del patrimonio architettonico e del recupero dell’edilizia storica. In ambito accademico ha partecipato a cantieri didattici di studio, restauro e scavo archeologico in diverse località d’Italia e ha svolto uno stage all’interno di una Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Ha collaborato a progetti di ricerca organizzati dal Centro DIAPReM dell’Università di Ferrara, dalla Sapienza Università di Roma e dal Cai-Lab, Laboratorio di ArcheoIngegneria dell’Università di Bologna, presso il quale ha, inoltre, svolto un tirocinio formativo sullo studio e l’applicazione di moderne metodologie ingegneristiche per la conoscenza, il restauro e la fruizione dei Beni Culturali. Alcune pubblicazioni e interventi a convegni in materia. In ambito professionale ha svolto collaborazioni su cantieri di restauro a Roma, nel modenese e sul territorio romagnolo, dove è stata anche progettista e DL per il restauro di una chiesa nella campagna forlivese; è, inoltre, membro di un RTP che ha vinto diversi concorsi pubblici per progetti di restauro in Liguria e Lombardia.

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